La correlazione tra farmaci anti-psicotici e tromboembolismo venoso è nota da anni, ma viene spesso dimenticata.
Una recente revisione sistematica di 28 studi osservazionali ha confermato un aumento significativo del rischio di TEV nei pazienti con psicosi acuta in trattamento farmacologico (OR 1.55 per trombosi venosa profonda e 3.68 per embolia polmonare )
In particolare i nuovi pazienti in trattamento recente avevano un rischio doppio di sviluppare un evento tromboembolico rispetto alla popolazione generale.
I farmaci antipsicotici maggiormente incriminati sono aloperidolo, risperidone, olanzapina, proclorperazina.
La questione non è banale, perché sono farmaci ampiamente utilizzati per il trattamento di schizofrenia, disturbo bipolare, depressione resistente, autismo.
I primi studi epidemiologici che hanno confermato l’associazione tra TEV e antipsicotici risalgono a 20 anni fa, stimolati dall’osservazione di un aumento dei decessi per morte improvvisa nei pazienti psichiatrici. Le metanalisi che si sono susseguite da allora hanno evidenziato dati a volte discordanti, legati all’eterogeneità degli studi, ma tutte concordi nel confermare il rischio aumentato di tromboembolismo venoso.
In questa recente revisione della letteratura sono stati selezionati 28 studi (principalmente studi di coorte e caso controllo) di qualità tale da permettere una metanalisi.
Anche se con i limiti di una elevata eterogenicità, l’uso di antipsicotici sembra aumentare significativamente il rischio di TEV di circa il 50% (OR 1,55 95% CI 1,36, 1,76) . In alcune sottopopolazioni il rischio di embolia polmonare aumenta in misura ancora maggiore (OR 3,68, IC 95% 1,23, 11,05).
Anche il rischio di recidiva di TEV sembra particolarmente elevato (OR 1.62) e questo dato è rafforzato dal fatto che emerge in studi omogenei e di alta qualità.
Sembrano più a rischio i pazienti schizofrenici giovani, sia maschi che femmine, mentre l’associazione perde significatività nei anziani con demenza.
Sono più a rischio i nuovi utilizzatori e i pazienti trattati con dosaggi maggiori.
Questi dati potrebbero indicare che l’azione pro-trombotica potrebbe associarsi ad una trombofilia del paziente, un po’ come succede per la terapia estroprogestinica nelle giovani donne.
I farmaci più pericolosi sembrano l’aloperidolo (OR 1,64), risperidone (OR 1,63), olanzapina (OR 1,63) e proclorperazina (OR 1,90).
Clorpromazina, quetiapina o aripiprazolo non hanno evidenziato un’associazione significativa.
A cosa è correlato l’aumento del rischio di TEV nei pazienti in trattamento con antipsicotici?
E’ probabile che la riduzione della mobilità legata alla sedazione e l’aumento di peso indotto dai farmaci possa contribuire all’aumento del rischio trombotico.
Alcuni studi sembrano evidenziare anche una trombofilia secondaria ai farmaci utilizzati (aumento anticorpi antifosfolipidi, profilattina e aggregazione piastrinica), ma i dati non sono univoci.
Gli studi nei pazienti psichiatrici sono più difficili ed è improbabile che avremo dei dati omogenei in futuro.
Credo sia importante non farci confondere da quadri clinici a volte di difficile interpretazione in pazienti fragili che potrebbero non comunicare con efficacia sintomi chiave per la diagnosi del TEV.
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