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Convalescent plasma for COVID-19. We wanted to believe it, but ...


Plasma o non plasma dei convalescenti, questo è il problema..

Un recente secondo e più ampio RCT studio pubblicato sul NEJM ne ha testato l’efficacia.

Sembrava così scontato il risultato positivo e così poco etico non dare questa chance ai pazienti gravemente malati da COVID-19 che il disegno dello studio prevedeva una randomizzazione 2:1. In tale modo 228 pazienti hanno ricevuto plasma iperimmune e 105 un placebo.

I pazienti dovevano essere sintomatici da meno di 10 giorni (un modo per essere sicuri che la carica virale fosse ancora elevata) con grave ipossiemia.

Il plasma veniva titolato per essere certi che la carica anticorpale fosse alta (in media 1:3200 Ac anti SARS-CoV2)


Al termine del follow up (30 giorni) non è emersa nessuna differenza significativa tra plasma e placebo in termini di mortalità e degli altri principali end-point clinici.


Dopo il fallimento clinico del Remdesevir, anche il plasma iperimmune ci saluta.

Peccato, ci volevamo credere, in fondo in altre occasioni è stata una risorsa preziosa come nell’influenza A ( H1N1), nell’aviaria e nell’Ebola.

Gli studi osservazionali su oltre 4000 pazienti ci avevano suggerito una riduzione della mortalità del 20% a 7 giorni in pazienti non intubati (14% vs 11%, p:0.03). Questo risultato diventava ancora più positivo se il trattamento era iniziato entro 3 gg dall’esordio dei sintomi.

La Mayo Clinic tentò di replicare questi risultati su oltre 3000 pazienti con malattia grave trattandoli con una singola somministrazione di plasma iperimmune, ma senza evidenza significativa di riduzione della mortalità (25-29%), anche se un’analisi post-hoc sembrava mostrare un lieve beneficio nei pazienti trattati entro 3 giorni della diagnosi.


Ora uno studio argentino cercava di consolidare i benefici della terapia con plasma con uno studio randomizzato in doppio cieco, purtroppo con risultati deludenti.

Due curve sovrapposte: nessuna differenza tra i due gruppi a 30 giorni in termini di mortalità o di miglioramento clinico. La terapia con plasma non era, inoltre, scevra di complicanze (febbre emolitica nel 4% dei pazienti).

Questo risultati sono in linea con un precedente RCT su un gruppo più limitato di pazienti COVID in condizioni critiche.


I titoli anticorpali nei pazienti infetti da COVID-19 aumentano velocemente, raggiungendo entro due settimane dall’infezione valori simili a quelli presenti nel plasma iperimmune che viene infuso, da questo probabilmente la necessità di un trattamento precoce per fare la differenza.

E’ probabile che una piccola quota di pazienti trattati entro pochi giorni dall’infezione potrebbero giovarsi del trattamento, ma clinicamente il viraggio verso condizioni cliniche più gravi avviene più tardi ed appare improponibile un trattamento profilattico con plasma in pazienti ancora stabili.

Non credo avremo ulteriori risposte a breve e l’avvento del vaccino interromperà ulteriori ricerche in tal senso.





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