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More flow, More Brain?



Nonno Alfredo sta perdendo la memoria da qualche anno, ma ha una discreta autonomia anche se necessita di una supervisione continua. E pensare che era sempre stato un leone!

Ha 84 anni, prende farmaci per l’ipertensione e il diabete.

Ha una fibrillazione atriale per cui assume terapia anticoagulante, un stenosi aortica moderata.

Il geriatra gli ha chiesto di fare un ecocolorDoppler dei tronchi sovraortici che riscontrato una stenosi carotidea >70%.

E adesso? Le condizioni cliniche sono discrete per ora, ma nell’ultimo anno è peggiorato.

Ha senso proporre una rivascolarizzazione carotidea per evitare un peggioramento dello stato cognitivo?

 Una recente meta-analisi ha discusso l’argomento.  

 

I pazienti con aterosclerosi carotidea hanno un rischio aumentato di declino cognitivo.

Questo è il risultato dell’ipoperfusione cerebrale, dell’aterosclerosi dei piccoli vasi cerebrali e degli eventi embolici legati a fenomeni di atero-trombosi.

La rivascolarizzazione carotidea (chirurgica o endovascolare) può migliorare lo stato cognitivo o, al contrario, la demenza presenta una controindicazione all’intervento che può complicarsi con embolizzazione distale o danno da iperperfusione?

Anche se alcuni studi osservazionali sembrano indicare un iniziale miglioramento clinico, la rivascolarizzazione sembra portare maggiormente ad una stabilizzazione del declino cognitivo.

Gli esiti comunque variano in base al grado di stenosi, allo stato cognitivo basale e alle comorbilità vascolari.

 

Una revisione narrativa degli studi in merito ha valutato gli esiti della rivascolarizzazione sul declino cognitivo negli ultimi anni (2018-2014).

L’esito sembra legata alla conservata autoregolazione del flusso cerebrale, senza della quale la riperfusione appare meno efficace.

Dopo CEA (endoarterectomia) è stato evidenziato un miglioramento della memoria, dell’attenzione e del linguaggio, soprattutto nei pazienti di età inferiore a 80 anni. Tuttavia, fino al 19% dei pazienti può presentare un peggioramento legato ad iperperfusione cerebrale, edema e microemorragie cerebrali.I pazienti con outcome peggiore sono i pazienti anziani e malattia aterosclerotica polidistrettuale (in particolare coronarica).

Anche l’angioplastica carotidea (CAS) ha dimostrato effetti positivi sulla funzione cognitiva nei pazienti con stenosi carotidea, in particolare nei pazienti più giovani e con stenosi asintomatica e accompagnata da terapia medica massimale, anche se esiste un rischio di embolizzazione precoce peri-procedurale.

I miglioramenti cognitivi valutati ad un anno sembrano legati alla migliore perfusione della sostanza bianca e del corpo calloso.

 

Anche se CEA e CAS si sono dimostrate sicure nella prevenzione dell’ictus nei pazienti anziani con stenosi carotidea, pazienti con malattia aterosclerotica diffusa, in particolare diabetici, hanno un maggior rischio di complicanze. Pazienti con grave decadimento cognitivo, disturbi psichiatrici o gravi sindromi depressive non hanno migliorato un beneficio clinico dopo la rivascolarizzazione, anzi posso peggiorare dopo l’intervento, influenzando l’aderenza alla riabilitazione.

I risultati degli studi sono eterogenei e, probabilmente il ruolo della rivascolarizzazione nella progressione della demenza sembra neutrale.

Nonostante l'efficacia del CEA nella prevenzione dell'ictus, il suo impatto a lungo termine sul rischio di demenza sembra essere neutro e richiede un approccio personalizzato che tenda conto del rischio chirurgico, l’anatomia vascolare e la riserva cognitiva del paziente, nonché della sua autosufficienza nei cinque anni successivi all’intervento (parliamo sempre di stenosi carotidea asintomatica…)

 

 

 

 
 
 

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Non è vero che abbiamo poco tempo.

La verità è che ne sprechiamo molto.

Lucio Anneo Seneca

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